L’ansia da separazione nel gatto

L’ansia da separazione è una patologia comportamentale che colpisce anche i gatti. Va trattata con una terapia comportamentale e, se serve, farmacologica.
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Cesare è un gatto maschio, castrato, di 10 anni. La proprietaria lo porta in visita perché defeca sul letto, vocalizza e manifesta un eccessivo self-grooming. Se la proprietaria è assente si rifiuta di mangiare, al contrario, quando lei è in casa, la segue ovunque come un’ombra. Da qui il dubbio che Cesare possa avere un disturbo comportamentale che il veterinario comportamentalista tradurrà in ansia da separazione.

Cesare è stato adottato da un gattile quando aveva circa un anno. La proprietaria e il gatto hanno cambiato dieci volte casa nei nove anni successivi all’adozione. Per due anni la proprietaria ha vissuto all’estero e il gatto è stato lasciato in custodia ai genitori, mostrando a volte aggressività nei loro confronti. Da sei mesi la proprietaria è tornata a vivere con Cesare, ma in questi anni e dopo ciascun trasloco il gatto ha iniziato a manifestare comportamenti strani:

  • nascondersi;
  • perdere appetito;
  • apparire ansioso al momento del pasto;
  • richiamare costantemente l’attenzione della proprietaria seguendola continuamente in casa, vocalizzando e cercando il contatto fisico.

Quando la proprietaria si allontanava da casa, Cesare si sedeva davanti alla porta di casa e la aspettava nella stessa posizione fino al ritorno; vocalizzava e defecava sul suo letto.

Ecco che, dopo aver valutato che segni clinici ed esami di laboratorio fossero nella norma, il comportamentalista fa una diagnosi di “ansia da separazione, ansia generalizzata e marcatura con defecazione inappropriata”. Ma cos’è l’ansia da separazione? È una risposta emotiva, comportamentale e fisiologica scatenata da una separazione o da una mancanza di accesso alla figura di attaccamento, che in questo caso è rappresentata dalla proprietaria. I casi di ansia da separazione nel gatto sono pochi, ma i segni clinici più comuni riportati sono:

  • imbrattamento della casa;
  • urinazione o defecazione nel letto del proprietario;
  • grooming eccessivo;
  • comportamenti distruttivi;
  • vocalizzazioni eccessive.

In questi casi la cosa essenziale da mettere in atto è un arricchimento ambientale e tecniche di modificazione comportamentale. Il veterinario comportamentalista deciderà, poi, se accompagnare la terapia comportamentale con una terapia farmacologica.

Dopo qualche mese di terapia, Cesare ha iniziato ad apparire meno ansioso e l’appetito è tornato nella normalità. Alle visite di controllo, a 6 mesi e ad un anno dal problema, il gatto non ha più manifestato comportamenti indesiderati.

Fonte: Animal Behavior Case of The Month: Javma 2019