Io e il mio cavallo: il racconto di una cavalcata

Leggi un racconto emozionante di una cavalcata tra un proprietario e il suo cavallo, esplorando il legame unico e la bellezza della natura insieme.
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Se pensate che le razze dei cani siano tante, allora verrete sorpresi da quante sono quelle dei cavalli. Nella mia esperienza di cavaliere, nella quale ho sempre preferito il cross country al dressage, ho mancato di approfondirle, concentrandomi piuttosto sulle sfaccettature caratteriali di questo splendido animale, che l’uomo ha cominciato ad addomesticare ben 5.500 anni fa. Oggi l’equitazione è una disciplina che attira moltissime persone. 

Ho avuto modo di effettuare delle lunghe cavalcate su percorsi di diversi giorni e la simbiosi raggiunta con questo animale è definitivamente tutt’altra cosa rispetto ad altre specie. Il motivo, molto semplice, è perché lo montiamo, trasmettendo i nostri stati d’animo e sensazioni all’animale. Ricordiamo che gli equini sono stati creati per correre, unica loro difesa in caso di aggressione; difatti si spaventano facilmente e sono pronti a scappare. Per chiunque abbia cavalcato, uno dei primi moniti dell’istruttore è non avvicinarsi da dietro per evitare reazioni pericolose dell’animale; questo non vuol dire che un cavallo non può esser toccato sul di dietro ma è bene partire da una posizione laterale e lasciare che la propria mano scivoli lungo il fianco sino alla coscia e la coda poi. 

Il cavallo è uno splendido animale in cui la simbiosi è massima, un cavaliere con una brutta giornata faticherà a saltare il più piccolo degli ostacoli perché, analogamente ad un cane a cui possiamo trasmettere le nostre emozioni con il guinzaglio, allo stesso modo “parliamo” ad un cavallo anche tramite le redini. È molto importante sottolineare che per montare servono buoni adduttori e non braccia forti e che le redini non vanno tenute tirate, esattamente come il guinzaglio di un cane.

Di seguito, riporto un piccolo estratto di una mia cavalcata in Sudamerica, in cui raggiunsi quello stato di completa unione con il mio cavallo, sotto un forte temporale di montagna.

[Il sentiero di discesa era meno ripido della salita ed inizialmente ben largo. Lasciai le redini lasche, approfittando per scattare qualche altra foto ed osservare le montagne che, dietro di noi, si ergevano come un confine tra Telimbela e il resto del mondo. Il tempo si stava rannuvolando e alcuni tuoni si udivano in lontananza. San Josè distava circa trenta chilometri di cui due terzi solo per uscire dalle montagne. Una volta ritornati sul percorso statale, lo avremmo seguito parallelamente sino a destino. Alle undici del mattino sentii nuovamente dei tuoni minacciosi ma questa volta più vicini. Il largo sentiero era diventato più stretto e la vegetazione fitta. Il percorso alternava tratti pianeggianti e saliscendi continui. Tirammo fuori l’impermeabile e facemmo una breve sosta di alcuni minuti per coprirci meglio; di lì a poco avrebbe cominciato a piovere e rimanere asciutti era una prerogativa per arrivare sani a destinazione. Le prime gocce di pioggia ci colpirono un’ora più tardi. I temporali possono essere molto forti in montagna; il passaggio era ormai divenuto talmente stretto e fitto che dovevo continuamente chinarmi sul mio cavallo per non prendere i rami in faccia.

Pensai di proseguire a piedi perché cavalcare così era un’agonia.

Sceso da cavallo, il temporale scaricò improvvisamente. Tuoni fortissimi esplodevano sopra le nostre teste e la pioggia cadeva pesante e continua. Temevo per gli animali ma la guida mi rassicurò che il rumore del tuono non li avrebbe spaventati. Il terreno diventò presto fangoso e rigagnoli d’acqua cominciavano a scendere dai fianchi della montagna, serpeggiando tra i miei piedi. Poco più avanti, anche il mio compagno scese dalla sua cavalla per camminare. Il sentiero tagliava la montagna trasversalmente, gli alberi costeggiavano entrambi i lati e l’acqua cadeva dai rami come una doccia continua.

Era quasi un’ora che camminavamo ed il temporale non accennava a diminuire. Fragori di lampi rischiaravano in una frazione di secondo il cammino davanti a noi. La guida, a circa 30 metri davanti, pareva un fantasma, coperto da un lungo impermeabile mimetico, la testa china e la cavalla che mestamente lo seguiva. Camminavo fianco al mio per osservarlo; all’ennesimo tuono non si scomponeva di un metro e l’acqua che scivolava dalle redini giù sino al morso pareva un fiume in miniatura. Eravamo ormai completamente bagnati e innumerevoli pozzanghere si erano formate lungo la discesa. Allungai il passo mettendomi davanti al cavallo e lasciai che la mia mente venisse assorbita completamente da quel momento. A piedi, sotto una pioggia tropicale scrosciante, completamente bagnato e con il cavallo alla mano, mi sentivo immerso nello spettacolo della natura. Usai quei momenti per me stesso, ripercorrendo il tracciato che avevano percorso in questi giorni, il fiume maestoso con le sue popolazioni, i personaggi incontrati e i magnifici tramonti e albe che avevo visto. Mi sentivo anche io, finalmente, tagliato fuori dal mondo e a spasso per una terra mia, fatta di emozioni antiche come camminare sotto la pioggia, senza apprensione né fretta perché indietro non si può tornare e la strada che devi percorrere è davanti a te. Il sentiero si aprii leggermente diventò più tortuoso sino ad una ripida discesa in cui temetti davvero che il mio cavallo sarebbe scivolato portandomi con sé. In più di un’occasione, quando il terreno era difficile da attraversare, fui tentato di mollare le redini e lasciare che l’animale mi seguisse ma la guida mi spiegò che sarebbe stata una cattiva idea; io ero il cavaliere e passeggero ma prima di tutto colui che se ne prendeva cura, in ogni difficoltà che incontrava sul percorso…]

Luca Calegaro, Educatore Cinofilo

Foto di copertina @FreeProd33/Shutterstock