Assistente veterinario, tecnico veterinario e operatore zooiatrico…

Scopri le differenze tra assistenti veterinari, tecnici veterinari e operatori zooiatrici e le loro rispettive responsabilità.
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Cosa è cambiato dopo la pandemia nelle qualifiche paraprofessionali veterinarie.

La possibilità di uscire di casa per far passeggiare i cani durante il lockdown e il lungo tempo passato a casa in compagnia dei propri pet hanno aumentato la consapevolezza dell’importanza degli amici a quattro zampe nella nostra società. Per questo si riscontra un aumento delle persone che vorrebbero avere un maggiore contatto con gli animali, spinte da un forte sentimento, e di chi desidera anche lavorare con loro. Ma non tutti sono portati ad intraprendere unacarriera universitaria in Medicina Veterinaria, perché già hanno un altro lavoro o non hanno più l’età , o solo perché un impegno di 5/8 anni di studio non è nei loro orizzonti. In molti però vorrebbero un’alternativa riconosciuta che possa permettere loro di lavorare regolarmente nel settore .

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Oltre il veterinario cosa c’è?

Si potrebbe rispondere cheesiste un mondo variegato, multicolore, a volte folcloristico, dove spesso si insinuano “soggetti” che sfruttano la passione e l’amore per gli animali per dare vita a percorsi formativi fantasiosi, inadeguati, privi di reali sbocchi lavorativi. Si assiste alla fioritura di profili che vanno dall’assistente veterinario, all’ animal care assistent, all’ assistente zooiatrico; e ancora pet sitter, educatore cinofilo, toelettatori e altre figure ancora più fantasiose. Molti di questi corsi sono promossi da associazioni di categoria, o gruppi di persone che pensano di essere un punto di riferimento nei diversi campi come quello dei toelettatori ed educatori cinofili. Per cui troviamo dei centri di formazione che spaziano dai corsi di cucina, a quelli di taglio e cucito, dalle lingue ai corsi appunto per assistenti veterinari o animal care assistent, senza avere nessuna competenza e conoscere il settore. Si tratta per lo più di corsi venduti per corrispondenza o sul web. E certamente centri di formazione cosi multi focali non possono dare la certezza di una formazione adeguata e mirata. Stesso discorso per i corsi che sono promossi da associazioni, magari composte da due persone come moglie e marito, che si arrogano le qualifiche ed i riconoscimenti più altisonanti possibili per effettuare corsi di dog sitter o toelettatori. Magari nella pratica, trattandosi a volte di artigiani esperti, possono essere anche bravi. Ma avere le competenze per assicurare una formazione seria richiede ben altri requisiti.

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Per fortuna, a cercare di mettere ordine a questa moltitudine di figure paraprofessionali, stanno intervenendo enti di comprovata serietà, come l’ UNI – Ente di Normazione che, aiutato da associazioni di categoria serie e di comprovata partecipazione, sta normando il numero di figure e le loro competenze. Per cui, prima di andare a spendere tempo e soldi in qualcosa di abbastanza etereo, è fondamentale verificare presso l’Ente UNI se esiste la figura professionale per la quale vi viene proposto un corso. E proprio a seguito di una nostra indagine presso tale Ente abbiamo verificato che le sole figure attualmente in essere sono quelle del tecnico veterinario, educatore cinofilo e in fase di prassi quella di operatore zooiatrico. Tutte le altre sono solo fantasiose divagazioni sul tema. Il tecnico veterinario è invece la figura che più di tutte è vicina al medico veterinario nell’espletamento delle mansioni giornaliere. All’estero si usa il termine di “nurse” corrispondente nella traduzione letterale ad infermiere. Nel nostro paese tale denominazione non può essere usata e l’unica figura non laureata che può assistere il medico veterinario è il tecnico veterinario, unica figura riconosciuta e approvata da Fnovi (Federazione Nazionale Ordini Veterinari Italiani) e Anmvi (Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani) ed inserita nel contratto collettivo nazionale di confprofessioni, alla cui qualifica si arriva tramite un’attestazione delle competenze, come definita nella UNI 45/18.

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Chi è il tecnico veterinario?

Cerchiamo, però, di definire megliochi è il tecnico veterinario e cosa offre il mercato della formazionea chi fosse intenzionato a seguire la propria passione e trasformarla anche in un lavoro. Cominciamo con la definizione data nel CCNL (Contratto Collettivo Nazionale Confprofessioni) e ripreso nelle norme UNI: “Il tecnico veterinario è colui che assiste il medico veterinario, secondo le sue istruzioni. Quindi non può lavorare autonomamente con partita iva, seguendo quanto stabilito nel CCNL del 2 luglio 2015 ed allegati tecnici. Si occupa della “gestione del rapporto con il cliente e il suo animale, mettendo in atto le linee guida organizzative dettate dal medico veterinario relative all’andamento generale della struttura, coadiuvando lo stesso nell’attività professionale”. Si tratta, dunque, diuna figura fondamentale all’interno della struttura veterinariache entra a far parte di un gioco di squadra a diversi livelli professionali e che si occupa anche dell’organizzazione e quindi del buon andamento della struttura stessa.

E’ bene ribadire, ancora una volta, che non possono essere liberi professionisti . Il livello delle conoscenze, abilità e competenza viene definito in base al Quadro Europeo delle Qualifiche (EQF) e non può essere inferiore a EQF 4. Già questo limite pone fuori luogo quei percorsi formativi che non rispecchiano il livello e che soprattutto, alla fine del percorso, non sono in grado di certificare le abilità e le competenze secondo quanto previsto dalle attuali normative. Si tratta prevalentemente di corsi a distanza/online o con qualche breve incontro di poche giornate, la cui presunta didattica è lasciata solo ai libri, qualche cd e prefabbricate video-lezioni dai contenuti molto generici. Al termine di questo percorso viene rilasciato un attestato di assistente veterinario o animal care assistent, che è una figura inesistente nel nostro paese, come in molti altri, senza alcun riconoscimento sindacale e normativo, priva di mansionario specifico e non approvata dalle associazioni professionali di categoria come Fnovi e Anmvi. Di fatto si tratta di una formazione che si otterrebbe con una qualsiasi enciclopedia sugli animali, spesso solo cani e gatti, e qualche documentario della BBC o Discovery channel. La forte richiesta della figura del tecnico ha fatto sbocciare le scuole che propongono questo tipo di formazione.

Alcune potrebbero, in futuro, anche avere un loro valore. Ma nella prassi di riferimento UNI è stabilito che, prima di poter dare ai propri studenti la qualifica di tecnico veterinario, devono almeno avere tre anni di diplomati. In sostanza per i primi sei anni le scuole dovranno appoggiarsi ad enti di certificazione esterni per le prove finali di rilascio di attestazione delle competenze, non essendo loro in grado di fornirle. Anche se si tratta di università pubbliche o private. Va ricordato, infatti, che le università  pubbliche posso rilasciare solo corsi di tre anni: le discusse lauree triennali che meritano un discorso a parte e che vengono offerte in alcuni atenei dove sono presenti i dipartimenti di Medicina Veterinaria. Non è questa la sede dove discutere della riforma dell’università, ma di certo le lauree triennali non sono servite a trovare lavoro. Indubbio anche il loro elevato contenuto teorico che porta i laureati triennali ad avere un EQF 6 e al diritto di farsi chiamare “Dottore”, portando non poco scompiglio nella categoria professionale dei Medici Veterinari che vedono in loro una possibile fonte di concorrenza sleale. Difficile in ambito lavorativo farsi chiamare dottore (laurea triennale) o dottore magistralis (laurea magistrale in medicina veterinaria, 5 anni e anche più…). Questo fa sì che molti veterinari liberi professionisti cerchino di evitare di avere un altro dottore “diversamente veterinario”. Alcuni giovani o meno giovani laureati provano ad aprire una loro partita iva, rischiando una denuncia per abuso della professione perché non esiste un mansionario specifico per le lauree triennali. Possono fare tutto e niente. Per cui, di fatto, vengono assunti nelle strutture veterinarie e si attengono al mansionario dei tecnici veterinari, pur avendo fatto una formazione universitaria che costa a tutti noi cittadini 11.257 euro per anno, quindi 33.771 euro su un totale di tre anni e sempre se non sono in ritardo sul percorso di studi. Senza contare che, se sono fuori sede, si devono calcolare 8 mila euro l’ anno di costi aggiuntivi per le famiglie (fonte Sole 24 Ore).

I riconoscimenti veterinari

Al momento Abivet è lasola scuola che fornisce una formazione professionale riconosciuta dalle associazioni di categoria veterinarie e accreditata da Acovene (l’organismo di accreditamento delle scuola pernursein Europa che consente a tutti i certificati di poter essere direttamente iscritti all’albo dellenursein UK e in altri paesi europei, certificata,accreditata a livello regionalee che segue la prassi Uni 45/18 approvata dalla Fnovi).

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La tutela della categoria è lasciata in mano all’associazioneATAV(Associazione Tecnici Ausiliari Veterinari)a cui si accede con percorsi formativi riconosciuti come laurea triennale, certificazione Abivet/Acovene, cinque anni di lavoro subordinato con contratto presso centri veterinari e che si occupa dell’aggiornamento continuo dei propri iscritti attraverso convegni congressi, riviste webinar (tanto di moda in questo momento). Recentemente ha anche aderito al MISE, per la creazione di un registro dei tecnici veterinari, al fine di creare una netta separazione tra coloro che hanno la certificazione delle competenze e chi non le ha. Purtroppo in molti, per il solo fatto di amare gli animali, si sentono autorizzati a compiere azioni e manovre nei loro confronti senza avere la minima competenza.

Speriamo che la nuova rinascita, di cui tanto si parla, porti anche ad una maggiore consapevolezza e responsabilità da parte di chi veramente ama gli animali.

Foto di copertina @aspen rock/Shutterstock