Come vi abbiamo già raccontato in un articolo precedente, esistono ben due tipologie di zecche: le zecche dure (chiamate Ixodidae), che approfondiremo oggi, e le zecche molli (dette Argasidae). Le differenze tra queste due diverse famiglie riguardano soprattutto l’anatomia; come sapete, le zecche appartengono al gruppo degli aracnidi e hanno quindi quattro paia di arti e un corpo suddiviso in due segmenti, il capitulum e l’idiosoma. Ebbene, il corpo delle zecche dure è rivestito da uno scudo dorsale in chitina, un materiale organico estremamente resistente, che ricopre tutto il dorso dei maschi adulti; nella femmina e negli stadi più giovanili, invece, lo strato di chitina si limita alla porzione anteriore del corpo, per permettere loro di nutrirsi di maggiori quantità di sangue e quindi di incrementare il volume corporeo, che può aumentare anche di 200 volte. Il loro apparato buccale è dotato di uno strumento di aggressione, detto rostro, con cui i parassiti perforano la cute dell’ospite e raggiungono i vasi; tale struttura, nel caso delle zecche dure, è sporgente e ben distinguibile.
Il rostro è formato da due palpi che fungono da recettori della preda, grazie alla presenza di una aureola sensoriale in grado di rilevare ad esempio un aumento della concentrazione di CO2 o della temperatura, e un ipostoma, attraverso il quale riescono a mordere e ad aggredire l’ospite. L’ipostoma è formato da denticoli retrovarsi dotati di una guaina, strutturata in modo da consentire al parassita di incidere la cute e di introdurre l’ipostoma; la guaina termina a sua volta con lamine taglienti. L’organo che però rappresenta la minaccia peggiore per l’animale parassitato sono le ghiandole salivari: esse, infatti, secernono un cocktail di sostanze che lisano i tessuti, fissano la zecca alla cute (si sviluppa un vero e proprio manicotto) e inoculano agenti patogeni. La produzione di queste sostanze, che è continua, è così elevata che le ghiandole aumentano anche di 3-4 volte il loro volume! Proprio per questa ragione, la presenza delle zecche sui nostri animali è spesso associata a forti reazioni infiammatorie, anemie, intossicazioni e necrosi (ovvero morte dei tessuti interessati). Altre caratteristiche peculiari delle zecche dure sono la presenza di aperture genitali in posizione molto craniale, ovvero tra il terzo e il quarto paio di arti, di solchi ventrali e di placche chitinose in posizione paranale.

Il ciclo vitale delle zecche dure
La vita delle zecche dure ha inizio con la schiusa delle uova, che vengono deposte in ambiente esterno; dall’uovo emerge una larva esapode (cioè che presenta soltanto tre paia di arti), la quale si mette immediatamente alla ricerca di un ospite. Ricordiamo che, per passare da uno stadio all’altro, questi parassiti devono necessariamente compiere un pasto di sangue: appare quindi chiaro perché per la larva è così importante trovare una preda. Esistono diverse strategie di caccia: alcune specie, una volta percepito l’ospite, lo seguono e risalgono attivamente sul suo corpo, mentre altre (chiamate zecche questuanti) si limitano ad attendere il passaggio di un animale sulla vegetazione, che riescono a risalire fino a raggiungere l’altezza di un metro da terra; questi esemplari si riconoscono perché, durante l’attesa, tengono il primo paio di arti ben aperto, pronte ad aggrapparsi all’ospite. Compiuto il primo pasto di sangue, la larva compie una muta e si trasforma in ninfa; a differenza delle zecche molli, le zecche dure possiedono un unico stadio ninfale che, una volta effettuato il secondo pasto di sangue, evolve in adulto. È proprio all’adulto che spetta il compito di riprodursi e, per tale ragione, libera dei feromoni sessuali che possono essere percepiti da altri individui di sesso opposto.
In realtà, esistono anche altri tipi di feromoni, come ad esempio quelli di assemblaggio e di aggregazione, che sono meno specifici; queste molecole sono responsabili della formazione di cluster, ovvero di aree di cute in cui si concentrano molti parassiti. I cluster sono molto pericolosi per svariate motivazioni: prima di tutto, provocano delle lesioni decisamente più ampie che possono attrarre anche parassiti occasionali di altre specie, come ad esempio dei ditteri, che attirati dagli essudati prodotti dalla cute danneggiata vi depongono le uova; inoltre, se tante zecche diverse si nutrono a stretto contratto possono mischiare le rispettive secrezioni salivari e quindi assumere la saliva di altri individui, in cui potrebbero nascondersi agenti patogeni (ricordiamo la babesia, ad esempio). In questo modo le zecche si scambiano gli agenti patogeni e nel momento in cui attaccheranno un altro ospite ne inoculeranno di più, con gravissimi effetti sulla salute dell’animale.

La buona notizia è che le zecche dure sono ectoparassiti periodici: ciò significa che effettuano pasti unici per ogni stadio di sviluppo, con una fase parassitaria che dura tendenzialmente 15-30 giorni. Questi parassiti conducono principalmente vita libera, trascorrendo da uno a cinque anni in ambiente senza aggredire altri animali.
Quali sono le specie maggiormente diffuse?
I cambiamenti climatici, la movimentazione dei pet (basti pensare al traffico illegale di cuccioli dall’Est Europa, il commercio di animali selvatici o le staffette di cani e gatti che vengono trasportati dal Sud al Nord Italia per le adozioni), le modificazioni ambientali e degli ecosistemi causate dall’uomo, l’aumento degli ospiti selvatici, la crisi economica (che ha portato all’abbandono e al degrado di molti campi e aree agricole) e l’immunosoppressione hanno favorito la proliferazione delle zecche, le cui popolazioni sono in aumento. In particolare, Ixodes ricinus, Rhipicephalus sanguineus, Dermacentor marginatus e Dermacentor reticulatus rappresentano un rischio sempre maggiore per la salute non solo degli animali, ma anche dell’uomo: essendo ectoparassiti, infatti, le zecche sono poco specifiche e nel tempo si sono adattata a parassitare una vasta gamma di ospiti; inoltre non dobbiamo dimenticare che sono proprio loro i vettori di malattie gravi, come la borrelliosi o malattia di Lyme, la babesiosi e la TBE.