Il cane è un componente della famiglia. L’universo gli ha dato una vita abbastanza breve ma ha un’anima e un carattere in grado di trasmettere amore incondizionato a chiunque decida di possederne uno. Ho una gordon setter a cui ho salvato la vita e mi aspetta ogni sera paziente come un monaco buddista. Ho recuperato un pastore belga malinois, oggi eccezionale cane poliziotto, che a distanza di mesi dall’adozione finale mi è letteralmente saltato addosso in festa. I cani hanno una memoria olfattiva eccezionale e non dimenticano l’odore del padrone e di chi ha speso una piccola parte del proprio tempo per aiutarli a trovare la propria dimensione. Di questo ne vado molto fiero.
Il mio lavoro come educatore cinofilo opera su livelli diversi; faccio molte consulenze telefoniche, talvolta i miei incontri si esauriscono nel giro di 3/4 lezioni e lavoro sempre con il singolo esemplare. Ho abbandonato l’agility per dedicarmi totalmente alle problematiche comportamentali, perché il cane può essere bravissimo in campo ma un disastro a casa. Soprattutto i cani piccoli.
Alcuni giorni fa ho ricevuto una mail, molto corta e dal tono quasi disperato: “Ho una chihuahua che abbaia sempre, ovunque io sia. Cosa posso fare?”
Un breve colloquio mi ha fatto capire che si tratta di un cane iper viziato e assolutamente senza alcuna limitazione in casa. Libero di salire ovunque, libero di abbaiare a chiunque entri in casa, totalmente e morbosamente legato alla proprietaria che lo sgridava con sonori “no!” seguiti da molteplici carezze. Ricordo che da bambino feci cadere un vaso importante di mia madre; nelle mie orecchie risuonarono un bel paio di schiaffoni e nessun altro vaso si ruppe. Fine della storia.
Oltre al “chihuahua killer”, ho incontrato un “barboncino rottweiler”, incubo del postino. Mi ha accolto in casa della proprietaria con tanto di pettorina e guinzaglio trattenuto a doppia mano. Abbaiava continuamente e ha smesso solamente quando ci siamo seduti sul divano. Anche questo cane era libero di agire come meglio voleva; poteva accomodarsi sul sofà o sul letto, andare dietro la schiena del proprietario, nonché seguirlo ovunque questi si muovesse. Nonostante la calma apparente, a un mio movimento troppo accentuato, il cane si riattivava immediatamente con fare minaccioso. Non era certo un’aggressività pericolosa, era pur sempre un barboncino, ma stava esprimendo un alto grado di protezione verso la sua famiglia.
I cani di taglia piccola, specialmente di razza, tendono ad essere più viziati rispetto ai simili più grandi; la stazza gioca un ruolo importante perché il cane più piccolo è più facile da manipolare, prendere in braccio ed essere portato in luoghi ove una taglia grande non andrebbe.
74980,”sizeSlug”:”large
I proprietari del barboncino sono delle bravissime persone che si prendono cura del proprio animale ma la mancanza di regole ha accresciuto nel cane una responsabilità che non gli compete. L’animale si sente in dovere di controllare tutti i componenti della famiglia: prova una grande pressione che si trasforma in aggressività.
Imporre delle regole è la base per la buona convivenza e avere un cane libero di fare o andare ovunque voglia è fondamentalmente sbagliato. In quale modo possiamo quindi agire per riportare l’equilibrio mentale al nostro amico? Cominciamo dalla passeggiata, magari accompagnati da un altro componente della famiglia. Compiamo dei grandi cerchi lasciando che la seconda persona stia al centro e cerchiamo di camminare in maniera “sana”, con il cane concentrato su di noi. Sembra semplice, ma inizialmente l’animale tenderà a guardare la seconda persona perché sente il dovere di controllarla. Alternando l’esercizio con gli altri componenti saremo in grado di evidenziare verso chi il cane doni maggiormente attenzione.
In casa dobbiamo invece attuare dei confini invisibili. Non possiamo chiudere le porte perché isolare il cane non è la soluzione; tenderà a grattare o a piangere senza sosta e il nostro scopo non verrà raggiunto. Usiamo quindi un metodo differente: se il nostro amico è abituato a seguirci ovunque, bagno compreso, fermiamolo all’ingresso della stanza dove vogliamo stare da soli. Potrebbe essere la cucina così come lo stesso bagno: impostiamo il “resta” al cane e sbrighiamo le nostre faccende senza badargli. Nel caso si muova, riportiamolo dove deve stare. Se alcuni tentativi andranno male, riproviamo in un secondo momento ma non interagiamo con coccole o rimproveri.
Imporre questi sottili confini è un piccolo passo per far capire all’animale che la situazione è sotto controllo e non c’è esigenza di essere sempre presente. Immaginate di essere a lavoro e di continuare a ricevere commesse: la nostra mente va in stress perché non siamo in grado di gestire la mole di lavoro nel tempo disponibile. Diventiamo più nervosi, lavoriamo male e la regola “una cosa alla volta” non funziona più. Il cane risponde allo stesso modo: se non segue delle norme, la sua dominanza diventa troppo evidente e scatterà un meccanismo iper-protettivo verso chiunque lo circondi. Proteggerà la sua famiglia dai diabolici postini e da chi mini l’equilibrio che l’animale sta faticosamente tenendo sotto controllo.
Ai proprietari del barboncino ho suggerito di anticipare l’arrivo di eventuali ospiti, attendendoli nel giardino o spazio comune che sia. Così facendo, il cane può scaricare la sua emotività fuori dalla casa e, una volta fatte le conoscenze con gli ospiti, sarà possibile rientrare in abitazione. Gli “estranei” alla famiglia non dovranno interagire con il cane e spetterà al proprietario richiamarlo se l’abbaio sarà insistente. Rientrando in casa, il cane salirà per ultimo assieme al padrone.
74979,”sizeSlug”:”large
Sono piccoli step che aiutano l’animale e i cambiamenti sono quasi immediati. La costanza è necessaria e non bisogna farsi impietosire da eventuali occhi tristi di fido perché non gli stiamo assolutamente facendo del male, anzi, miglioriamo la nostra e la sua quotidianità.
Ricordate che un cane senza regole può causare problemi importanti, quali abbai continui o morsi da aggressività rediretta; se non corretti entro il giusto lasso di tempo, il recupero può diventare molto difficile, minando la serenità del proprietario e mortificando l’animale, che si sentirà sopraffatto da stimoli troppo grandi da gestire.
Ho visto molti cani perdere la loro luce e rinchiudersi in una depressione che è solamente sofferenza; non possiamo portarli da uno psicologo né possiamo parlarne come siamo abituati noi. Escludendo i farmaci, che meritano discussioni a parte, la nostra empatia è l’unico rimedio che può salvarli ma la costanza deve essere mandatoria.
Nel nostro lavoro di ogni giorno, possiamo organizzarci, delegare o rischedulare per migliorare la produttività e la qualità dell’ambiente. Appuntiamo su un foglio i cambiamenti che dobbiamo attuare con il nostro cane e seguiamoli, inizialmente coadiuvati da un professionista che saprà indirizzarci sulla giusta strada da seguire passo dopo passo con il nostro amico, ma questa volta con un atteggiamento più “tedesco” e meno libertino.