Nonostante sia un animale fondamentalmente solitario, se vive in strada il gatto tende a organizzarsi in gruppi più o meno grandi, impossessandosi di un territorio e difendendolo da intrusioni esterne. Si parla, in questi casi, di colonia felina, vale a dire un gruppo formato da due o più mici randagi che frequentano abitualmente una zona, pubblica o privata, e vi si stabiliscono.
Le colonie feline sono riconosciute dalla legge italiana e nessuno può spostare i gatti dal luogo che hanno scelto per vivere. I randagi vengono nutriti e accuditi da singoli cittadini o associazioni di volontariato, che se ne occupano regolarmente.
Come sono organizzate le colonie feline
Le colonie feline sono composte da gatti randagi che tendono a formare una comunità. All’interno delle colonie ci sono sia maschi che femmine ma queste ultime tendono a formare dei gruppi di gatte imparentate tra loro con all’interno i loro cuccioli o dei maschi che non sono ancora maturi sessualmente.
Le femmine sono molto solidali tra loro, hanno dei comportamenti che possiamo definire amichevoli, di comunanza e appoggio reciproco. Le gatte si occupano in gruppo della cura e dell’allattamento dei cuccioli.
Anche tra maschi e femmine adulti c’è di solito un clima di cooperazione e rispetto, mentre tra maschi adulti c’è una sorta di “tolleranza” nei confronti dei maschi che si impongono come leader del gruppo. Questi soggetti di solito sono i più grossi e tendono a imporre il loro dominio sugli altri con l’aggressività, occupando uno spazio specifico o prevaricando gli altri nel momento di mangiare.
Possiamo affermare che però sono rari i casi in cui gli scontri siano più gravi e pericolosi per gli appartenenti alla comunità.
Ogni gruppo ha il proprio “odore”, che serve a riconoscersi e tenere alla larga gli estranei. Eccezionalmente, capita che i cuccioli e i gatti anziani vengano fatti entrare senza problemi nella colonia.
Le colonie feline: legge nazionale e leggi locali
I gatti randagi sono protetti dallo Stato e la legge impedisce all’uomo di allontanarli dal luogo che hanno scelto per vivere. Inoltre, la legge punisce il maltrattamento dei gatti che vivono in libertà con pene anche molto severe.
Le colonie feline sono ufficialmente riconosciute dalla Legge n. 281 del 14/8/91 (Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo) che regola proprio il maltrattamento dei gatti, considerati parte integrante della società.
I gatti randagi hanno anche il diritto di ricevere cure e cibo nel luogo prescelto, nel rispetto delle norme igieniche. Viene considerato habitat di colonia felina qualsiasi territorio, urbano e non, edificato e non, sia esso pubblico o privato.
La colonia felina, che può essere composta anche solo da due gatti, va censita e registrata presso il Comune in cui si trova da un referente, che di solito è un volontario o il rappresentante di un’associazione animalista. Questa persona fa richiesta presso l’ASL territoriale competente per ottenere il riconoscimento della colonia e viene quindi incaricata di gestirne il mantenimento, tranne che per le spese veterinarie, che rimangono a carico del Comune.
L’ASL si occupa anche di sterilizzare gratuitamente i componenti di una colonia felina – presso i propri laboratori veterinari o presso strutture convenzionate con il Comune – al fine di controllarne la natalità. I gatti sterilizzati vengono identificati con l’apicectomia del padiglione auricolare (piccola escissione della punta dell’orecchio effettuata sotto anestesia durante l’intervento chirurgico). Per avere un controllo dei gatti viene impiantato un microchip sottocutaneo in modo da poter inserire ciascun animale nella banca dati regionale dell’Anagrafe felina. Solitamente la cattura dei gatti, la degenza post operatoria e la riammissione nella colonia di appartenenza sono compiti del responsabile della colonia.
L’articolo 1 della Legge n. 281 del 14/8/91 recita: «Lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali di affezione, condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l’ambiente».
Nello specifico delle colonie feline, l’articolo 2 stabilisce che «è vietato a chiunque maltrattare i gatti che vivono in libertà», il maltrattamento è infatti perseguito penalmente anche con la reclusione da 3 mesi a 18 mesi o una multa che va da 5.000 a 30.000 Euro. Inoltre, chiunque cagioni la morte di un animale, per crudeltà o senza necessità, è punito con la reclusione da 4 mesi a 2 anni, secondo l’art. 544-bis del codice penale. I gatti in libertà possono essere soppressi solo se gravemente malati (di leucemia felina, ad esempio) o in caso di comprovata pericolosità, sempre con autorizzazione dell’ASL di competenza.
Anche la cattura dei gatti che vivono in stato di libertà è consentita solo per comprovati motivi sanitari.
Ogni regione e comune italiano, ha poi un proprio regolamento finalizzato alla tutela e al benessere degli animali, sempre nel rispetto della normativa nazionale.
Gattare e gestione delle colonie feline
Le colonie feline vanno registrate da chiunque si renda conto che esista un gruppo di gatti in un luogo specifico. La persona che ha fatto la denuncia diviene automaticamente responsabile della cura degli animali.
Questa figura può essere quella che viene definita gattara, vale a dire la persona che si occupa del nutrimento dei gatti e del controllo sanitario degli stessi, ma può essere anche il rappresentante di un’associazione animalista legalmente riconosciuta.
Come, ad esempio A.S.T.A. – Associazione per la Salute e la Tutela degli Animali, una onlus di Roma che da oltre 20 anni si occupa della cura degli animali randagi e dei dovuti controlli sanitari e piani di sterilizzazione. L’associazione segue anche il reinserimento degli animali in zone protette o famiglie selezionate.
Dal 1° gennaio 2020, l’Asta gestisce l’Oasi Felina di Porta Portese in via Portuense, 39, per conto di Roma Capitale. L’onlus ha provveduto al censimento di tutti i gatti ospiti del gattile con foto e schede tecniche. In questo modo, oltre ad avere un’anagrafe dettagliata dei profili, si facilita anche l’eventuale adozione futura dei felini.
Perché le colonie sono importanti
A prescindere dalla legge che obbliga a nutrire e a non allontanare i gatti dal luogo dove hanno formato la colonia felina, è indubbia la grande utilità che questi animali hanno sul territorio.
Se consideriamo che in Italia ci sono circa 500 milioni di topi e che la maggior parte di loro si sta urbanizzando, la presenza di colonie di gatti risulta fondamentale per contenere il proliferarsi di ratti. Un problema diffuso soprattutto in grandi centri come Roma, Milano o Napoli, dove i gatti possono costituire un rimedio efficace per eliminare o limitare le derattizzazioni.
I topi hanno una vita media di 3-4 anni ma una femmina mette al mondo fino a 12 topolini ogni 3-4 settimane. Va da sé che una campagna di derattizzazione a opera delle colonie feline può risolvere in modo economico e meno dannoso il problema della presenza dei topi in città.
Foto di copertina @Beautiful landscape/Shutterstock
[…] questo è buona norma, soprattutto se si vive o si parcheggia nei pressi di una colonia felina, controllare sempre il vano motore o dare dei colpetti al cofano prima di mettere in moto, per […]