È una zoonosi, ossia una malattia che riguarda sia l’animale che l’uomo. A causarla è un batterio, la Bartonella henselae e clarridgeiae, e nella maggior parte dei casi è benigna e autolimitante, fatta eccezione per i soggetti immunocompromessi per i quali necessita di essere trattata adeguatamente con specifica terapia antibiotica.
Nel gatto l’infezione è praticamente asintomatica ed è la pulce a giocare un ruolo centrale nella diffusione dell’infezione tra i felini. Recentemente è stato dimostrato che anche la zecca è in grado di trasmetterla attraverso il pasto di sangue (e così anche all’uomo), ma essa non ha un ruolo centrale come quello della pulce.
Nell’uomo la trasmissione avviene attraverso il graffio o il morso poiché il batterio si trova sugli artigli o nel cavo orale del gatto: i primi vengono contaminati tramite il contatto con feci di pulci infette presenti sulla cute; la bocca si contamina mediante il leccamento della cute o degli artigli oppure attraverso sanguinamenti conseguenti a patologie gengivali e/o dentali.
I gatti randagi sono più a rischio di contrarre l’infezione rispetto ai gatti di proprietà. Gli animali infetti vanno trattati con antiparassitario e antibiotico per eliminare il batterio dal sangue. Se non trattato, il batterio può rimanere in circolo anche per anni e invadere diversi tipi di cellule tra cui le cellule progenitrici del midollo osseo contribuendo alla continua infezione del sangue. L’infezione è solitamente asintomatica, ma può manifestarsi anche con un transitorio rialzo febbrile e dare linfoadenite (infezione dei linfonodi). Per la diagnosi il test sierologico è abbinato all’emocoltura che costituisce il gold-standard.
Nell’uomo si conoscono due forme: quella tipica, che è la più comune, e una atipica.
Di Carmine Marano, Medico Veterinario in Roma
Specializzato in malattie infettive, profilassi e polizia veterinaria
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Foto di copertina @Marinka Buronka/Shutterstock