I protozoi appartenenti al genere Leishmania spp. sono causa di malattia parassitaria per l’uomo e per gli animali in diverse aree dell’America, Asia, Africa ed Europa; affinché si realizzi il contagio è necessario un vettore ematofago.
La leishmaniosi è la terza più importante malattia trasmessa da vettore per la salute umana dopo la malaria e la filariosi.
L’affermazione del cane come principale serbatoio della malattia in virtù dell’alta prevalenza d’infestazione canina nelle aree endemiche e dell’alta infettività del cane al flebotomo ha limitato la considerazione degli altri mammiferi (uomo incluso) a semplici serbatoi secondari o ospiti occasionali con limitata prevalenza epidemiologica. Tuttavia, in letteratura sono riportati numerosi casi in carnivori selvatici in Europa: volpe rossa (Vulpes vulpes), lupo (Canis lupus), tasso (Meles meles), martora (Martes martes), faina (Martes foina), moffetta (Mustela putorius), visone (Mustela lutreola), genetta (Genetta genetta), gatto selvatico (Felis silvestris silvestris) e lince (Lynx pardinus); ma anche in roditori sinantropi: topo domestico (Mus musculus) e ratto (Rattus spp.).
In Europa come negli altri paesi industrializzati il numero di cani e gatti che vivono in famiglia è cresciuto molto nel corso degli ultimi anni accompagnato anche da un trend in aumento di quegli animali considerati come “non convenzionali” tra cui molti piccoli mammiferi. Lo scenario zooantropologico sta cambiando e gli animali diventano sempre più importanti come la loro salute; questi stessi animali giocano un ruolo fondamentale per malattie come la leishmaniosi in costante evoluzione.
La prima segnalazione di leishmaniosi felina risale al 1912 quando Sergent et al. in Algeria identificarono nel midollo di un gattino di quattro mesi amastigoti di Leishmania, da allora casi sono stati descritti in tutto il mondo.
I flebotomi vettori della malattia sono insetti ematofagi appartenenti alla famiglia Psychodidae, Ordine Diptera; sono piccoli insetti (2-3 mm) di colore giallo pallido o ruggine con corpo e ali ricoperte da una fitta peluria. La famiglia Psychodidae si suddivide in due sottofamiglie, Psychodidinae e Phlebotominae, e quest’ultima comprende tutte le specie descritte di flebotomi (oltre 600). Distinguiamo i flebotomi in cinque generi: Phlebotomus, Sergentomya, Warileya, Lutzmonyia e Brumpotmyia.
Per la loro sopravvivenza i flebotomi si nutrono di secrezioni zuccherine, solo la femmina compie il pasto di sangue per ottenere le proteine necessarie al corretto sviluppo e maturazione delle sue uova. Dal pasto di sangue in 7-12 giorni si completa la maturazione delle uova e la femmina inizierà la loro deposizione nell’ambiente.
Il ciclo biologico prevede una metamorfosi completa: uno stadio embrionale di uovo, quattro stadi larvali e uno pupale. La durata del ciclo di sviluppo del flebotomo è strettamente legata ai fattori climatici dell’area. In Europa gli adulti si osservano in estate-autunno, mentre lo sviluppo è fortemente rallentato dalla stagione fredda e la specie sopravvive in inverno grazie alle larve di IV stadio che vanno in diapausa. Nelle aree tropicali, invece, sono presenti tutto l’anno. Per quanto riguarda il nostro Paese i flebotomi sono presenti allo stadio adulto da maggio a novembre in Sicilia e da maggio-giugno a settembre inizio ottobre in nord Italia. Nell’Italia centro-meridonale sono possibili due cicli di sviluppo completo, mentre nell’Italia settentrionale il secondo ciclo viene interrotto dall’abbassamento delle temperature in settembre-ottobre.
Il volo di questo insetto è silenzioso per questo è conosciuto anche come pappatacio (= “ pappare in silenzio”), la sua puntura è inizialmente indolore, ma dopo poco determina prurito e la comparsa di una papula. Hanno attività prevalentemente di notte quando cala la temperatura e aumenta l’umidità, con picchi di massima intensità intorno alla mezzanotte e nell’ora che precede il sorgere del sole.
I meccanismi immonologici nel gatto in corso di leishmaniosi sono riferibili a quanto accade nel cane anche se sono necessari ancora studi per poterlo definire meglio. Nei gatti i segni clinici sono di tipo cutaneo. Dermatite più o meno nodulare, più o meno pruriginosa, più o meno ulcerativa che riguarda soprattutto la zona della testa dell’ animale (orecchie, naso, palpebre, bocca) ma anche arti anteriori.
A differenza del cane nel gatto in letteratura c’è ancora poco sui trattamenti terapeutici più appropriati per gestirla, il maggior numero dei lavori presenti prevede l’utilizzo dell’Allopurinolo al fine di gestire i segni clinici che possono però ricomparire una volta interrotta la terapia.
di Manuel Felici, Medico Veterinario in Roma
Specialista in patologia e clinica degli animali d’affezione
Perfezionato in cardiologia dei piccoli animali
Foto di copertina @nechaevkon/Shutterstock