Il gatto è considerato un animale indipendente, silenzioso e meno presente nella vita familiare rispetto ad un cane. I segnali comunicativi del felino sono più difficili da cogliere, ma nascondono molto più di quel che si pensa.
Non dalla tigre ma da qualcosa di più piccolo. Il “nonno” del felino domestico è il selvatico africano o Felis silvestris lybica (vi dice qualcosa il nome del gatto della Looney Tunes?) e venne addomesticato in Medio Oriente circa 10.000 anni fa dalle popolazioni che vivevano lungo il Nilo. È noto che gli egizi consideravano il gatto un animale sacro, che divenne presto un simbolo di grazia e benevolenza verso l’uomo. Le sue abili capacità predatorie erano utilissime per eliminare topi, ratti e serpenti, pericolosi per le persone e portatori di malattie. A dispetto dei cani incrociati che vengono classificati come meticci, i gatti hanno avuto una macro-categoria più elegante: europeo. Definita propriamente come razza, comprende tutti i felini con il manto tigrato di vari colori e gli esemplari a pelo nero. Il gatto domestico si diffuse in tutta Europa nel periodo di diffusione del cristianesimo, circa 2.000 anni fa ma, ironia della sorte, sarà lo stesso cristianesimo a bollare i felini e in particolare quelli con il manto nero, come aiutanti del diavolo. Se i cani vennero selezionati per le principali necessità dell’uomo, ai gatti venne data carta bianca; i primi esemplari si avvicinarono agli insediamenti umani in cerca di prede e l’uomo apprezzava enormemente le loro battute di caccia. Non c’era necessità di addestarli ad altro scopo e il loro carattere indipendente ha ricevuto ben poche variazioni nei secoli passati. Un secondo motivo era la pericolosità dell’addomesticamento: il gatto selvatico africano era lungo tra i 45 e i 75 cm, ma la sua sottospecie europea arrivava a ben 1,20 m, di carattere particolarmente aggressivo e ovviamente carnivoro!
In quei primi insediamenti umani si sviluppò un rapporto prettamente mutualistico, ove il gatto trovava cibo e l’uomo godeva dei suoi servizi.
“Non è possibile possedere un gatto. Nella migliore delle ipotesi si può essere con loro soci alla pari”, diceva Harry Swanson. Il gatto ha ghiandole sebacee sulla coda, sulla fronte, sulle labbra e sui cuscinetti plantari; servono a produrre il sebo, una miscela di diversi lipidi che determinano tra l’altro l’odore della pelle. Lo strofinamento che i nostri gatti fanno è una deposizione del loro odore su animali, oggetti e su di noi. Lo interpretiamo principalmente come un segnale visivo, ma per i nostri amici felini è tutt’altra cosa: potrebbe essere una dimostrazione dello stato o della dominanza sociale e bisogna analizzare con quale parte del loro corpo esercitano questa pratica. Lo strofinamento delle ghiandole delle guance viene praticato più comunemente dai gatti dominanti verso i subordinati. Questo non vuole assolutamente dire che il gatto non rispetti il suo padrone umano, ma provate a rimproverarne uno e al massimo riceverete per risposta un bel soffio mentre si allontana! È una frase che può creare diversi pareri ma ricordiamo che una cosa non esclude l’altra; come il cane marca il suo territorio, allo stesso modo lo fa il felino per lasciare il proprio odore, seppur con modi e frequenze diverse. È un’usanza che per noi è più difficile da notare perché i gatti sono meno presenti di un cane durante la nostra giornata, ma la comunicazione olfattiva dei felini è estremamente importante. Ritengo che sia inoltre piacevole essere sottoposti a uno strofinamento da parte del nostro amico peloso; è rilassante per loro e per noi. Accarezzate un gatto sulla testa e la vedrete piegarsi di lato, quasi a spingere il proprio cranio contro la vostra mano. Essendo cresciuto tra cani e gatti, sono fermamente convinto che anche i felini dimostrino ampiamente il loro affetto e che comunichino con noi in molti modi, più sottili e nascosti rispetto al cane, ma ugualmente efficaci per la loro vita sociale.
Un esempio più consolidato dell’importanza della comunicazione olfattiva è la Nepeta Cataria o più comunemente conosciuta come erba gatta. È una pianta presente a livello nazionale, di altezza ridotta tra i 5 e i 15 cm, simile alla menta come odore ma senza vischiosità al tatto. È amatissima da due terzi della popolazione di gatti e il motivo è un feromone naturale noto come “nepetalattone”. I feromoni sono sostanze biologiche atte all’invio di segnali odorosi ad altre specie viventi, in primis quelli sessuali. Nel caso dell’erba gatta, il feromone rilasciato è molto gradito dai felini che possono adorare stusciarcisi, rotolarsi nel mezzo ma anche masticarla. È molto adatta per chi non ha un giardino, creando un piccolo prato personale per il nostro amico. Nessun timore per eventuali ingestioni perché è un’erba non pericolosa e il gatto sa comunque regolarsi nell’uso. Ecco perché possiamo lasciare la ciotola dei croccantini sempre piena al gatto ma non al cane.
La scrittrice britannica Eleanor Farjeon ha detto: “mi dà sempre un brivido quando osservo un gatto che sta osservando qualcosa che io non riesco a vedere”. Mia madre ha una gatta tigrata che ho notato più volte rimanere ore intere davanti alla finestra ad osservare, emettendo di tanto in tanto delle vocalizzazioni appena percettibili. Una tenacia visiva che metterebbe in difficoltà chiunque, considerando che l’animale ha a disposizione un bel giardino in cui andare. Il gatto ha una grande acutezza visiva anche se la loro capacità discriminatoria, riconoscere colori e forme, è 1/5 di quella umana e va ancora peggio nella risoluzione, ovvero la capacità di distinguere due punti vicini, che scende addirittura ad 1/10 della nostra. Come i cani, vedono bene di notte grazie alla sensibilità del tappeto lucido, ma è risaputo che i felini da appartamento possono soffrire di ipermetropia e di miopia. La loro comunicazione visiva è sempre collegata a una posizione di orecchie, mantello e coda, ma i segnali del volto cambiano più velocemente rispetto alla postura. Per dare un veloce riassunto, le pupille rotonde esprimono paura, le ovali aggressività e quando sono leggermente rotonde indicano una situazione rilassata. Il linguaggio del corpo dell’animale impedisce di confondere il primo e il terzo caso: non troverò mai un gatto impaurito nella classica posizione seduta e tronco eretto. Il problema, come sottolineato, è la velocità con cui i segnali visivi variano, tanto che possono essere colti erroneamente dall’uomo. Come per il cane, uno sguardo diretto è una sfida o minaccia ed è buona cosa osservare bene questo dettaglio prima di avvicinarlo per evitare danni a lui e a noi. Non dimentichiamo che sono mammiferi provvisti di artigli (non chiamiamoli unghie) molto affilati e in grado di lasciare ferite dolorose; tutti i proprietari di gatti, me compreso, contano almeno un paio di cicatrici feline sulle proprie mani.
Come molte altre persone, ho sempre pensato che il carattere dei gatti è determinato anche dal colore del mantello, perché sia il temperamento che il pelo sono caratteristiche ereditarie. Mi sono sempre piaciuti i gatti chiaccheroni, che miagolano spesso ed emettono vocalizzazioni divertenti. Mia madre ha un gatto nero totalmente integrato nella famiglia. Viene incontro quando rientri da casa, pretende di essere accarezzato sulla testa e ha sempre contraccambiato con un “miao”. Se lo tocco mentre mangia, non alza la testa dalla ciotola ed emette dei forti brontolii di disapprovazione; se continuo, la zampata è inevitabile. Per quanto trovi divertente ed eccezionale questo suo comportamento, le manifestazioni vocali di un felino insegnano molto sul nostro animale. Queste sono racchiuse in 5 categorie: i mugolii di richiamo, il richiamo più forte, il miagolio, il brontolio e il preferito dei proprietari, ossia le fusa. Quest’ultimo è facile associarlo a uno stato di rilassamento e felicità per l’animale, ma è difficile distinguere i primi tre perché alcuni di essi non sono destinati alla nostra specie.
Il mugolio da richiamo viene usato dalle madri per richiamare i piccoli allontanati dalla cuccia mentre il secondo è un forte mormorio a bocca chiusa che possiamo osservare nei periodi di accoppiamento della femmina. Bisognerebbe dedicare un articolo intero alla terza categoria del miagolio e le mille sfaccettature che indica: serve al gatto per annunciare la sua presenza sollecitando l’attenzione degli altri essere viventi, inclusi noi, oppure per sottolineare un ostacolo che gli impedisce di ottenere ciò che vuole. Un esempio è il gatto che miagola nei pressi della ciotola e, testato personalmente, le vocalizzazioni non diminuiscono ignorandolo.
Sono un grande sostenitore delle conversazioni con il proprio animale e mi accorgo che, nonostante la nostra immensa capacità linguistica a dispetto di quella animale, parlare tanto è spesso superfluo.
Come disse Paul Gray Hoffman, “i gatti sono stati messi al mondo per contraddire il dogma, secondo il quale tutte le cose sarebbero state create per servire l’uomo”.
Chapeau!