Personalmente mi piacciono tutti gli animali, a parte qualche specie strisciante o con troppe zampe. Come persona mi sento molto più “cane” che “gatto” ma ho sempre avuto anche felini in famiglia e con loro ho instaurato dei bei rapporti. Ho già avuto modo di parlare della comunicazione del gatto, oltre che utilizzare principi dell’addestramento canino applicati ai felini. In questo articolo riprendo aspetti più enciclopedici perché, come per i cani, è giusto ripercorrere la storia di questo straordinario animale da compagnia: da dove nasce e come si è evoluto nei secoli.
Il gatto domestico deriva probabilmente da Felis silvestris lybica, una sottospecie di gatto africano nota per essere stata addomesticata quando gli antenati dei gatti vennero introdotti nelle case. Di certo non deve essere stato facile addestrare un predatore carnivoro che, pur di dimensioni ridotte, era comunque in grado di uccidere bambini e giovani adulti. Un altro possibile contendente della discendenza attuale è il gatto selvatico nordico di cui possiamo apprezzare l’estrema bellezza in alcuni scatti di esemplari in mezzo alle steppe scandinave. Piccolo particolare: è feroce, molto, per cui la manipolazione e l’addomesticamento è improbabile.
Gli Egiziani hanno avuto grandi successi nella domesticazione del gatto ma introdussero i gatti nelle case solamente dal 1600 a.c. Considerando che l’antico Egitto vede i suoi albori quasi due millenni prima, è da chiedersi perché. La risposta più ovvia ricade in un credo attuale: il gatto è indipendente. In effetti, in quegli anni i gatti erano più utili lasciandoli vivere in simbiosi con gli esseri umani, senza sprecare energie in un addestramento poco proficuo. Comunque, i felini sono predatori innati ed avevano il loro lavoro da scaccia-roditori, ben apprezzato dalle popolazioni nate nell’area del Nilo. Se altri animali, come i cani, risultarono molto utili per il lavoro degli umani, i gatti vennero lasciati in disparte e la loro evoluzione ha subito ben poche trasformazioni nel corso dei secoli. Ciò che è cresciuto è il numero di razze, attualmente una cinquantina, e la diffusione di queste nel mondo.
A differenza dei cani, non esiste il gatto meticcio ma è classificato come Europeo. Il tigrato, chiamato anche soriano, è la razza più diffusa nel nostro continente ed è particolarmente somigliante al feroce gatto selvatico norvegese. Non siamo a conoscenza di incroci tra i due felini ma non possiamo comunque escluderla; questi eventuali incroci potrebbero spiegare alcune variabilità del comportamento dei soriani.
Se l’associazione tra cani e uomini era più simbiotica, co-addomesticandosi a vicenda, i gatti non hanno un sistema sociale che può essere definito come omologo o analogo a quelli umani. La mancanza di selezione per determinati comportamenti domestici si riflette sulla gamma delle taglie dei gatti odierni. In natura, la variabilità della taglia delle specie di gatti selvatici supera enormemente la variabilità della taglia dei cani selvatici. Viceversa, la variabilità delle taglie dei cani domestici supera lungamente quella delle specie selvatiche. In parole semplici, i gatti più addomesticati sono taglie piccole, mentre i cani più addomesticati variano da piccoli a grandi. Ho visto di persona un Maine Coon, la razza di gatto più grande al mondo. Con i suoi 10 kg e quasi un metro di lunghezza, avevo timore che potesse ferirmi seriamente se avesse avuto una giornata storta. Preferisco di gran lunga un gatto nero che è in assoluto uno dei più coccoloni!
Ritornando alla storia dei nostri amici, la sostanziale differenza tra sistemi sociali umani e felini rese ben arduo il compito di far comprendere i segnali al gatto e nel comunicargli direttamente i nostri desideri in un rapporto fondato su un’attività comune. Questa situazione rischiava serie incomprensioni, dando adito a situazioni pericolose; ricordiamo che il gatto è un predatore carnivoro e a quei tempi il cibo scarseggiava!
Dobbiamo spezzare una lancia a favore dei gatti, erroneamente creduti asociali perché cacciatori solitari. Il motivo è di pura esigenza metabolica: un gatto ha bisogno di una piccola preda per soddisfare i suoi bisogni e mangia ciò che il suo corpo richiede (è il motivo per cui la maggior parte dei gatti sa regolarsi con la ciotola dei croccantini). Il leone invece caccia in gruppo perché le povere prede sono ben più grandi e difficili da abbattere da soli: la cooperazione è indispensabile.
Tutt’altra cosa è la componente sociale del gatto quando non caccia. Il fulcro è la mamma gatto con i suoi cuccioli. Molti sono gli studi che si sono incentrati sulle relazioni matriarcali, ovvero dove comanda la donna, come cardine del raggruppamento sociale. Pensandoci bene, è una situazione diffusa anche per noi umani.
Come nei leoni, i gruppi di gatti domestici sono spesso composti da femmine, magari imparentate tra loro, con al seguito i cuccioli in fase di crescita. In mezzo al gruppo troveremo scarsità di maschi, solitamente uno o due se l’ambiente è controllato; in poche parole, se i gatti sono i tuoi e non selvatici.
È chiaro che la variabilità comportamentale sin qui proposta non rappresenta un gruppo di animali che può essere definito asociale. I piccoli di gatti restano con la madre sino al sesto mese per poi gradualmente allontanarsi e, a loro volta, creare dei gruppi sociali secondari. Dopo circa 10-14 mesi avviene ciò che è stato definito lo svezzamento “sociale” dal gruppo, ove ogni gatto diventa adulto e totalmente indipendente nelle funzioni fisiche e biologiche. Prediligerà comunque dei bei momenti sociali che sopravvivranno negli esemplari che sono cresciuti insieme. Ecco perché due gatti adulti introdotti nella stessa casa in tempi differenti possono creare tensioni e atteggiamenti aggressivi reciproci.
Il gatto è un animale che osserva e noi dobbiamo farlo a nostra volta. Scordatevi la sua completa indipendenza dal padrone perché l’attuale standard dei nostri amici domestici è ormai a livelli altissimi, tanto da assicurare loro esistenze più lunghe, cure e cibo sempre più mirato al loro benessere. Gli animali capiscono che è giusto stare dove si sta bene, è una regola che vale anche per noi ma, più in generale, è ciò che garantisce loro una vita sicura, al riparo da predatori e con abbondanza di cibo.