Non è mica vero che cane e gatto non vanno d’accordo, come sempre non esiste una regola quando si tratta di avere a che fare con esseri senzienti come sono i nostri animali. Una convivenza pacifica è possibile ed è diversa a seconda del soggetto.
In questi ultimi anni accade sempre più spesso di ricevere richieste di consulenza da parte di proprietari di gatti che vogliono prendere un cane o, viceversa, di persone che, avendo un cane, desiderano adottare un gatto. Ci viene chiesto come poter integrare nella “famiglia allargata” il nuovo soggetto appartenente a una specie diversa da quella già presente in casa, probabilmente perché ci si rende conto che il detto “come cane e gatto” non è proprio del tutto vero, e che ci sono dei motivi che hanno indotto verso questa eccessiva semplificazione. Uno di questi è il fatto che le due specie in questione, ovvero il cane (canis lupus familiaris) e il gatto (felis catus), condividono da moltissimo tempo lo spazio domestico degli esseri umani. Qui la convivenza di due specie così diverse tra loro ha spesso causato incidenti, in quanto in passato le persone non si occupavano molto di guidare e mediare tra gatti e cani. Da qui la generalizzazione (rivelatasi una bufala) dell’incompatibilità e litigiosità di questi due animali. Nonostante ciò, sono sempre esistiti cani e gatti che serenamente hanno convissuto e condiviso la stessa casa. Tutti noi abbiamo avuto modo di sperimentare direttamente, almeno una volta, la convivenza pacifica, e in qualche caso anche una vera e propria amicizia, tra queste due specie, magari a casa di amici o parenti.
Ma esiste una strategia per far sì che questo avvenga davvero? Uno dei principali consigli che ci sentiamo di dare ai proprietari è quello di “dirigere” le presentazioni e i contatti (non solo fisici) tra i due soggetti, mediando tra loro, visto che è ormai chiaro che il linguaggio dell’uno può risultare equivoco per l’altro per alcuni versi, ma è anche molto simile per altri. Sarà compito di noi proprietari interpretare al meglio i due linguaggi per poter assolvere alla suddetta funzione di guida e indirizzo della relazione. Spesso i problemi tra le due specie nascono dalla differenza di approccio che hanno cane e gatto. Quest’ultimo, schivo, riservato e poco amante del contatto fisico, vede invasi i propri spazi dall’animale sociale per eccellenza, quale è il cane, che ha un approccio di certo più irruento e opta, probabilmente, per una conoscenza più ravvicinata, tutta da annusare! La conoscenza graduale è di certo la scelta migliore, sia che si tratti di cuccioli, più propensi ad acquisire esperienze, sia che si tratti di soggetti adulti, che a volte non sono interessati gli uni agli altri. Può risultare utile anche far acquisire gli odori reciproci prima di arrivare ad avere un contatto visivo o fisico, ed è indispensabile che il gatto abbia sempre a disposizione una via di fuga per potersi sottrarre a eventuali insistenze del cane. È possibile anche che il rapporto sfoci in una pacifica indifferenza, che a volte risulta essere comunque il perfetto equilibrio di una serena convivenza. In tal caso non costringiamoli ad avere un rapporto più stretto, loro sanno sempre qual è la giusta misura.
Va ricordato però che, se un giorno i nostri animali potranno godersi una convivenza tranquilla, non è detto che sapranno comportarsi allo stesso modo con tutti gli altri di specie diversa. Come sempre, non diamo nulla per scontato e ricordiamoci che abbiamo a che fare con esseri viventi senzienti che sono individui unici pur avendo un denominatore comune con i soggetti della propria specie. Per i nostri animali, infatti, esistono due tipi di socializzazione, ovvero quella primaria e quella secondaria: la prima riguarda la socializzazione di soggetti appartenenti alla stessa specie, quindi tende a generalizzare, ed è fondamentale avere una buona socializzazione primaria per una crescita ben indirizzata ed equilibrata dei piccoli; la secondaria è la socializzazione tra soggetti appartenenti a specie diverse. Al contrario di quella primaria, la secondaria è “prototipica”, e cioè tende a fissarsi sull’individuo conosciuto, quindi discrimina e non generalizza su tutti i soggetti appartenenti a una determinata specie.
Ci sono solo dei piccoli accorgimenti da prendere per far sì che questa convivenza non porti ad avere problemi:
Di Massimiliano Cavallari e Luca Santamaria
Educatori cinofili
Foto di copertina @Gladskikh Tatiana