Lunedì scorso, nella trasmissione Report sulla Rai, è andata in onda l’ennesima brutta figura del nostro Paese in merito alle sofisticazioni alimentari. Quella sui mancati rispetti delle regole per la produzione del prosciutto di Parma e di quello di San Daniele, due delle eccellenze gastronomiche del nostro paese.
Controlli poco efficienti
Come spesso accade in Italia, scopriamo che il controllore e il controllato vanno a braccetto o sono la stessa persona, tipico sistema autoreferenziale del nostro “bel paese”. Quello che si evince dall’inchiesta di Report è che gli enti preposti al controllo di fatto chiudono un occhio, a volte tutti e due, se non sono addirittura completamente assenti. Per quanto riguarda i controlli di qualità dei consorzi di tutela Parma e San Daniele, essendo enti privati, se vogliono darsi la zappa sui piedi sperando di farla franca, facendosi forti sulla leva economica e politica che essi indubbiamente hanno, è problema loro. Ormai, prima o poi si pagano tutte le malefatte, difficile di questi tempi tenere nascoste le cose che un tempo passavano in cavalleria.
Il ruolo dei Veterinari
Oggi i media, in modo particolare trasmissioni televisive come la stessa Report, Le Iene, Striscia la notizia, sono molto spesso la molla per far scoprire le magagne del nostro paese e far partire le indagini da parte degli organi competenti. In un paese civile non dovrebbe essere cosi, ma meglio che ci siano loro a fare questo lavoro di indagini, a volte complesse e pericolose, che nessuno fa. Bisogna dare atto a queste trasmissioni del loro grande impatto sulla nostra società e sui nostri costumi. Sembra molte volte che i mal capitati abbiano più timore di loro che delle forze dell’ordine. Quello che, però, a volte mi risulta difficile da comprendere è perché si dimentichino i diversi ruoli degli attori in campo. Nel caso specifico del controllo degli allevamenti e degli alimenti, spesso o quasi sempre, si parla solo del nucleo dei carabinieri, del Nas, e non di chi ha effettivamente le competenze del settore, ossia i veterinari. I Nas senza i veterinari non potrebbero fare niente, se non la sola ed esclusiva parte amministrativa dei controlli. La qualità e la salubrità degli alimenti è competenza dei Servizi Veterinari. Ora, tornando al servizio sui maiali utilizzati per la produzione dei prosciutti di Parma e San Daniele, il ruolo dei Servizi Veterinari è stato svilito e sbeffeggiato, vuoi forse per la scarsa presenza scenica dell’unico veterinario intervistato, vuoi forse per un montaggio del servizio che ha dato poco spazio alla categoria, o forse per aver adeguato il tutto nella direzione che si voleva imprimere al servizio, facendo trasparire la mancanza di controlli dei servizi sugli allevamenti per ciò che riguardava la salute e il benessere degli animali, con le castrazioni e il taglio della coda, o peggio con l’abbattimento degli animali a martellate.
Il “fai da te” degli allevatori
Siamo tutti disgustati dalle immagini viste e atterriti dalle dichiarazioni del veterinario che, sostenendo che le direttive andranno applicate a partire dal 2020, ha di fatto alzato le braccia, come a dire “non possiamo fare niente”. Però, passato il primo sgomento e le perplessità, e superando un montaggio del servizio che lo vedeva quasi sorridente durante il pronunciamento di tale considerazione, bisogna anche prendere coscienza della reale situazione in cui i servizi veterinari espletano i loro lavoro, soprattutto negli allevamenti intensivi. Bisognerebbe partire da molto lontano per capire i mali del settore veterinario, e la cosa sarebbe molto lunga e forse non molto interessante per la maggioranza dei lettori. Ma l’incrocio tra interessi economici e quelli della Sanità delle Produzioni è problema molto delicato, tanto che il maggior numero di leggi della Comunità Europea riguarda appunto quelle delle produzioni e commercio di prodotti di origine animale, motivo per il quale anche la professione del veterinario è stata la prima ad avere una regolamentazione comunitaria. Ciò detto, in Italia i veterinari hanno da sempre dovuto far fronte alla mentalità del “fai da te” da parte degli allevatori, confortati poi da un potere legislativo che non solo ha tollerato i “castrini”, definiti come attività artigianale, ma ha dovuto subire i fecondatori laici con legge ad hoc, tutte figure prive totalmente di formazione adeguata e di un chiaro mansionario lavorativo. Ciò ha consentito più di qualche scivolamento nelle competenze specifiche del medico veterinario, senza che mai tali prevaricazioni abbiano subito delle sanzioni da chi che sia. Inutili tutti i ricorsi alle istituzioni competenti, castrare un maiale se non si è veterinari non è reato… Allora perché denunciare? Tanto non succede niente se non quello di ottenere astio da parte degli allevatori che, come si è potuto vedere nello stesso servizio di Report, non sempre sono culturalmente e socialmente avvezzi a un confronto civile.
Un sistema che non punisce
Non voglio fare di tutta un’erba un fascio, ci sono grandi e illuminati allevatori, ma non sono certo la maggioranza, o non lo sono stati fino adesso. Le nuove generazioni saranno diverse certamente. Rimane, però, evidente che se il braccio operativo nel controllo degli allevamenti e del benessere animale, che è il Servizio Veterinario e non il solo Nas, non è messo nelle condizioni di vedere perseguite le denunce fatte, perché il sistema legislativo non accompagna le procedure di infrazione con le dovute garanzie di pena e sanzioni, si cade nel nulla e nella inutilità di provocare una conflittualità. Cosa che avrebbe come risultato un’ulteriore difficoltà nel controllo delle attività di allevamento a salvaguardia della sanità delle produzioni. Certo, da questo ad accettare la filosofia del “tutti sapevano, tutti sanno e quindi nessuno è colpevole”, non è possibile né eticamente né moralmente, sia nei confronti degli animali che dei consumatori. Le responsabilità vanno accertate e punite, così come vanno rispettati i ruoli dei diversi attori in campo.
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Foto di copertina @MR. WORAWUT SAEWONG/Shutterstock