“LIGHTUP – Turning the cortically blind brain to see”, è questo il nome della ricerca finanziata con 2 milioni di euro al Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino, in collaborazione con l’Università di Parma dove gli animali sono stabulati. Si tratta di una ricerca sulla cecità da trauma che verrà condotta su sei macachi e, contemporaneamente, su volontari umani che si trovano in questa condizione di cecità e che saranno sottoposti a esami non invasivi. La ricerca avrà una durata di cinque anni, al termine dei quali gli animali verranno sottoposti a eutanasia.
Un modello animale
L’obiettivo è, dunque, quello di creare un modello animale su cui studiare il danno cerebrale che causa la cecità. Per far questo i ricercatori utilizzeranno da quattro a sei macachi che, a detta della Lav, verranno sottoposti “a un lungo periodo di training (con immobilizzazione in più parti del corpo per ore, quasi tutti i giorni, per settimane o addirittura mesi) e all’asportazione chirurgica di aree della corteccia visiva al fine di rendere i macachi clinicamente ciechi”.
“Gli esperimenti prevedono una fase preparatoria con i macachi che vengono bloccati, non possono muoversi, e vengono resi ciechi” spiega Michela Kuan, responsabile Lav Area Ricerca senza Animali. “Subire questi condizionamenti fortissimi è stress e dolore per gli animali”.

Il parere dei ricercatori
Non è dello stesso parere Marco Tamietto, responsabile scientifico del progetto di ricerca finanziato dallo European Research Council.
“Il cervello non ha recettori del dolore”, spiega Tamietto, “di per sé non è un organo sensibile. Lo sforzo è massimo per minimizzare qualsiasi tipo di sofferenza. Per questo una parte dei finanziamenti ricevuti è dedicato agli arricchimenti nelle gabbie e al monitoraggio della loro salute fisica e psicologica. Inoltre, i macachi coinvolti non sono stati catturati in natura, ma provengono da allevamenti autorizzati. Non hanno idea della vita fuori da questo contesto e con ogni probabilità non sopravvivrebbero liberi”.
Un protocollo che prevede una valutazione scientifica, che ha visto coinvolti ben venti scienziati esperti in materia, e l’autorizzazione da parte del comitato etico dell’Ue, oltre che da quelli degli Atenei coinvolti, e infine da quello del Ministero della Salute. Ed è a quest’ultimo che la Lav si rivolge con enfasi, perché interrompa questa sperimentazione per la quale “il ricorso in parallelo a persone fa decadere ogni giustificazione addotta al ricorso di scimmie”. Tuttavia, a smentire le affermazioni di Tamietto è un documento che lo stesso ricercatore rende pubblico “per trasparenza” in cui il livello di sofferenza atteso è stimato come grave, proprio perché “il progetto prevede una lesione unilaterale della corteccia visiva primaria”.
Le immagini degli animali in laboratorio
Di certo lasciano un po’ di amaro in bocca le immagini diffuse dall’associazione EssereAnimali di un laboratorio di una nota università italiana dove i macachi sono costretti a vivere in piccole gabbie spoglie, con elettrodi impiantati nel cranio e nelle tempie, immobilizzati per essere trasportati dallo stabulario al laboratorio.
“Una vita di totali privazioni porta molti di loro a comportamenti stereotipati: si muovono avanti e indietro nella gabbia, leccano compulsivamente le pareti e mordono lucchetti e sbarre. Non abbiamo documentato esperimenti particolarmente dolorosi, ma l’infinita tristezza in cui vivono questi macachi per lunghi anni di ricerche. Non vogliamo che la nostra indagine venga strumentalizzata per fagocitare uno scontro fra due opposte fazioni, tra chi è pro e chi è contro la sperimentazione di questo tipo. Non vi devono essere due gruppi distinti, ma un solo grande obiettivo: superare l’utilizzo di animali nella ricerca scientifica“.
Sperimentazioni in aumento
Nonostante la sperimentazione su primati non umani sia concessa solo in casi eccezionali, i numeri ci dicono che negli ultimi anni le sperimentazioni sono raddoppiate, dalle 224 del 2015 alle 548 del 2017, fino ad arrivare alle 586 di oggi.
Se le autorizzazioni etiche sono così esemplari, perché da oltre un anno ci si nega di prenderne visione? Ricordiamo che quasi metà del cervello di macaco non è significativamente simile a quello umano, infatti i circuiti corticali si evolvono in modo indipendente nelle diverse specie, e questo ci appare un significativo errore metodologico, mentre si dovrebbero implementare tecniche innovative sull’uomo quali TMS, fMRI, elettrocorticografia (ECoG)/elettroencefalografia intracranica (EEG), magnetoencefalografia (MEG), registrazioni con microelettrodi di insiemi di cellule o singole unità, cortico-Cortical Evoked Potentials, diffusion tensor imaging” – Michela Kuan, Lav.

E in attesa che il Ministero della Salute pubblichi la “sintesi non tecnica” con il protocollo della sperimentazione e i documenti di autorizzazione da parte di tutti gli enti coinvolti, così come previsto dalle norme, la Lega Anti Vivisezione lancia una petizione su Change.org #civediamoliberi affinché il Ministro della Salute Giulia Grillo revochi immediatamente l’autorizzazione a questo progetto di ricerca e liberi gli animali affidandoli a un centro di recupero idoneo.
Foto @EssereAnimali