Sono quasi due mesi che la pandemia ci costringe a casa e tanti di noi, con più tempo a disposizione, si sono dedicati alla cucina e a preparare gustosi piatti succulenti per tutta la famiglia. “Perché attraverso il cibo si trasmette amore, così come fa la madre durante l’allattamento del proprio piccolo, di qualunque specie esso sia”, spiega la dott.ssa Maria Mayer, medico veterinario omeopata esperta in alimentazione. Ed è quello che spesso facciamo anche coi nostri animali, li coccoliamo e ci prendiamo cura di loro. E per dimostragli il nostro amore, soddisfiamo anche le voglie del loro palato, a volte viziandoli forse un po’ troppo, perché la maggior parte dei nostri animali domestici, cani e gatti, è golosa e ogni occasione è buona per uno “spezzafame”, ma siamo sicuri di fare sempre il loro bene?
“Facciamo attenzione alle dosi”, Continua la Mayer. “Questo è un principio che dovrebbe valere sempre, ma in questo periodo vale più che mai. L’attività fisica della maggior parte dei nostri animali è ridotta, soprattutto dei cani che magari prima erano abituati alle corse al parco e ora sono limitati alla passeggiata sotto casa. Quando siamo annoiati rischiamo di introdurre cibo senza grande controllo e questo lo facciamo anche con i nostri animali. Non esageriamo, quindi con gli snack, e usiamo sempre il buon senso”.
Quanti snack possono mangiare Fido e Micio?
“Non c’è una quantità stabilita”, spiega la Mayer, “ma ovvio che la quantità dipende sia dalla taglia del cane, perché un Chihuahua e un Alano non possono mangiare la stessa quantità di alimento, sia dall’attività fisica che fanno. Va da sé, infatti, che se questa è diminuita, dobbiamo anche diminuire le dosi e dobbiamo farlo in una quantità percentuale in base al peso totale dell’alimento che stanno mangiando. Attenzione poi al tipo di snack che somministriamo. I più genuini sono quelli che non contengono ingredienti strani. Biscotti e carne essiccata o anche pesciolini essiccati, per esempio, sono delle cose molto facili da realizzare in casa: basta avere un forno e un essiccatore e siamo certi della materia prima che viene utilizzata, altrimenti leggiamo sempre bene gli ingredienti”.

Qual è la giusta percentuale da calcolare per diminuire la quantità dell’alimento?
“La percentuale dipende dal tipo di alimentazione che i nostri animali assumono. Se la loro attività è diminuita di molto, potremmo togliere un 20% dal peso totale dell’alimento commerciale che mangiano, croccantini o umido. Se invece seguono una dieta casalinga, potremmo tagliare la quota dei carboidrati (sempre in percentuale) salvando per intero quella delle proteine, poiché i carboidrati sono quelli che danno l’energia da consumare durante la giornata con un adeguato movimento. Se ancora stiamo somministrando una dieta Barf, che quindi non prevede carboidrati, potremmo diminuire la quantità di ossa polpose e carne senza ossa. Non toccheremo la quantità di organi, che sono fonte di vitamine, ma potremmo diminuire i grassi, come per esempio l’olio”.
Pensa ci sia un legame tra stress e intestino?
“Assolutamente. Non per nulla infatti si parla di sistema PNEI, psico-neuro-endocrino-immunologia. C’è un legame molto stretto tra tutti questi apparati e lo stress ha ripercussioni negative sul sistema immunitario. Il cervello funziona a circuiti e ne esistono due grandissimi che coinvolgono la paura e la calma e che hanno ripercussioni su tutto il corpo. È esperienza comune, in questo periodo, che tanti animali soffrano di disturbi gastrointestinali, vomito e/o diarrea, e lo stress provoca queste manifestazioni. Un altro timore è che i trattamenti ambientali che vengono utilizzati per bonificare le varie aree possano avere effetti collaterali sui nostri animali. L’asse intestino-cervello è un sistema di comunicazione bidirezionale e ai sintomi gastroenterici spesso si accompagnano disturbi psichici o alterazioni del comportamento”.

Come intervenire nei disturbi gastroenterici?
“I disturbi di questo tipo causati dallo stress si risolvono bene somministrando fermenti lattici e/o addensanti. Non ricorriamo a cure antibiotiche che potrebbero essere troppo aggressive e non risolvere il fastidio, anzi potrebbero solo aggravare il problema della farmacoresistenza su cui tanto si discute ultimamente. Contattare il proprio veterinario di fiducia, che saprà consigliare a seconda del caso, è sempre la cosa migliore da fare”.
Maria Mayer, Medico Veterinario, PhD, Omeopata
Master in Alimentazione, nutrizione e dietetica clinica del cane e del gatto Master in PNEI e Scienza della cura integrata